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Allora, a scorrere il mio personale censimento, a partire dal 1898 e sino ad oggi, i film che hanno interessato direttamente il baseball sono stati ben 226 ma è intuitivo che a questo elenco mancano sia quelli che hanno avuto il baseball come sfondo dioramico ( tra questi però mi piace ricordare il film italiano “Teresa la Ladra” interpretato dalla grande Monica Vitti e quell'hard boiled statunitense "Una Pallottola Spuntata" (1988) dove il regista David Zucker valorizza al meglio la dinamica di un effervescente Leslie Nielsen nei panni di un plate-umpire fortemente da cineteca), sia quelli realizzati con cartoni animati, sia i sequal televisivi, sia i musical o commedie teatrali di cui, se del caso, se ne potrà parlare in seguito.
Dal 1898 dunque con il corto “The Ball Game” il cinema incominciò ad interessarsi del fenomeno baseball con una duplice intesa: i film, in quel tempo muti e girati con forti iniziali difficoltà relative all’uso di cineprese rigide, avevano la giusta necessità di movimentare la scena per ipnotizzare lo spettatore e quindi il regista ed i produttori andavano sempre alla ricerca di situazioni animate e possibilmente fuori dal comune; il baseball, pur così banalmente presentato in bianco e nero, era il soggetto ideale ma è pur vero che, chiamati ad apparire sullo schermo i veri giocatori, il gioco stesso, in questo modo sapientemente veicolato, si proponeva di raggiungere più spettatori possibili anche in luoghi sperduti ed isolati. Così oltre alle indimenticabili comiche, vere regine di una lunga serie, il baseball divenne sicuro compagno di viaggio quale geniale soggetto, caratterizzato anche dalle storie intriganti e dalla vita stessa di quei primi giocatori che diventeranno nel bene e nel male le sue solide radici.
Tuttavia una menzione particolare tra le cosiddette comiche in senso assoluto merita “The Cameraman” dove l’insuperabile ed unico Buster Keaton è riuscito in pieno ed in soli cinque minuti a dare al baseball una grande dignità, una profonda tristezza ed una irresistibile evoluzione.
La commedia “The Cameraman”, datata 1928 e sbadatamente tradotta nella versione italiana in “Io…e la Scimmia”, prodotta dallo stesso Keaton per conto della emergente Metro-Goldwyn-Mayer nel 1928 e diretta da Edward Sedgwick, e forse dallo stesso Keaton, su sceneggiatura di Clyde Brukman e Lew Lipton, si snocciola in un film di 67 minuti, muto ed in bianco e nero, e narra le sbadate sequenze del sognante cineoperatore Buster Shannon (Buster Keaton) che va alla ricerca di episodi sensazionali per richiamare su di sè l’attenzione della bella Sally (Marceline Day) e farla innamorare.
Con la sua esilarante maschera tragicomica Buster, dopo aver bucato giornalisticamente la notizia di un grande incendio, nel secondo episodio sbaglia giorno e data e va a trovarsi sul vuoto ed assolato diamante degli Yankees. Qui nonostante la precisazione del custode, pone comunque la cinepresa dietro il monte di lancio dove poi egli va a cimentarsi come un bionico lanciatore e trascinatore delle azioni difensive. Infine sarà il box di battuta ad ammirare il suo swing mentale che lo indirizzerà in una frenetica corsa sulle basi sino alla vincente scivolata a casa base con la rifinitura di un plateale saluto ad un inesistente pubblico se non l’esterefatto ed indispettito custode.
La commedia avrà infine, dopo altri episodi, il giusto mieloso finale che sempre piace al pubblico ma la mimica facciale, lo sguardo intenso ed ammiccante mentre prende i segnali, l’indispettito richiamo al lanciatore dopo un barber pitch di grande levatura hanno consegnato Buster Keaton alla storia del baseball sul grande schermo. Anzi, l’intero film infine nel 2005, considerato il capolavoro in assoluto del grande comico americano, è stato scelto per la conservazione dal National Film Registry ed inserito nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Qui sotto la scena del film nello Yankee Stadium
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Articolo pubblicato il 24 gennaio 2015
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