Articolo tratto da Ozy.com
Votato per l’All Star Game. Eletto Rookie of the Year. Straordinariamente talentuoso. Anche di bell’aspetto. Di carattere gioioso. Questo era Steve Sax, astro nascente dei Los Angeles Dodgers nel 1983 quando si trovò proiettato nel firmamento del baseball professionistico. Poi, improvvisamente, un giorno questa stella del baseball tornò con i piedi per terra. Inspiegabilmente, infatti, sembrò dimenticare come tirare una pallina da baseball, anche quando si trattava di eseguire il più facile dei tiri, tanto che il 23enne Sax veniva rimarcato con la famosa frase già riportata nel film Bull Durham, “incapace di toccare l’acqua anche se fosse caduto da una barca in pieno oceano”. I giocatori di golf lo definiscono “yips”, i giocatori di dardi lo definiscono “dardinite”, e per un certo periodo nel baseball fu definito lo Steve Sax Syndrome.
Senza spiegazione alcuna, anche il più semplice dei movimenti come tirare la pallina al lanciatore o muovere una pedina sullo scacchiere, diventava quasi impossibile, anche per un atleta di prim’ordine come lo era Sax. Ti prende mentalmente e l’allenamento non è di nessun aiuto, anzi, a volte peggiora la situazione. Per motivi sconosciuti, più si prova a correggere, e peggio diventa. Molti giocatori, tra cui Mackey Sasse, Chuck Knoblauch, Steve Blass, soffrirono della stessa malattia, ma pochi ne uscirono. Steve Sax fu uno dei pochi fortunati.
Nel filmato qui sotto una scena del film Major League 3 - Il catcher Steve Baker
Tutto cominciò abbastanza innocentemente nel nono inning di una gara d’inizio campionato del 1983 contro i Montreal Expos. Appena reduce dall'essere stato celebrato per l’elezione a Rookie of the Year della passata stagione, in quella gara Sax si era trovato nella posizione di uomo di taglio.
Quando ricevette la pallina, il corridore fu fermato in terza, ma comunque Sax tirò a casa facendo rimbalzare la palla lontano dal ricevitore, permettendo al corridore di segnare. L’accaduto fu riportato su tutti i quotidiani e molto presto Sax ne fu coinvolto soprattutto mentalmente.
Dopo quell’errore ne seguirono molti altri fino al punto che il solo tenere una pallina tra le mani gli causava un senso di timore. Si sentiva perso.
E come c’era da aspettarsi, le cose peggiorarono. Anche il più facile dei tiri diventava un proiettile che finiva nelle tribune oltre il dugout della prima.
I tifosi delle squadre avversarie iniziarono ad indossare elmetti e mostrarono poster con ogni forma di bersaglio. Ma la cosa più drammatica è che tutto questo stava segnando la fine della sua carriera. Sax andava a letto sognando un tiro sbagliato, si svegliava pensando a un tiro sbagliato. Era diventato la barzelletta del baseball.
A metà campionato, in coincidenza con l’All Star game, Sax aveva commesso già 24 errori, e in quattro gare ne aveva commessi più di uno. I coach si erano perfino inventati di farlo tirare bendato in allenamento, e la cosa funzionava, ma quando giocava in partita era tutta un’altra storia. Sax arrivò al punto di pensare seriamente al ritiro, ma il manager dei Dodgers, il grande Tommy Lasorda mai perse fiducia nel suo giovane campione e continuò a inserirlo nel lineup. Un giorno, durante il batting practice, il fantasioso manager lo chiamò in disparte e gli fece un divertente discorso:
Tom: “Quante persone possono battere 300 nelle majors?”
Sax: “Non molte”
Tom: “Quante persone possono rubare più di 40 basi nelle majors?”
Sax: “Non molte”
Tom: “Quante persone possono tirare dalla seconda alla prima? Millioni!”
Nel filmato qui sotto una scena di Major League 3 - Il manager fa un discorso al suo catcher Steve Baker
Ma fu un altro discorso, quello tra Sax e suo padre malato che veramente fece la differenza. Come raccontò egli stesso nel libro: Cambia mentalità e cambierai la tua vita, Sax si recò in ospedale per visitare il padre che aveva sofferto il quinto attacco di cuore. Steve mise il padre al corrente di quanto gli stava succedendo, e il padre, uomo forte e taciturno che era cresciuto nei momenti difficili della Depressione e che lui stesso considerava invincibile, gli disse:
“Un giorno ti sveglierai e ti accorgerai che tutto appartiene al passato”, confessando che anche lui aveva sofferto dello stesso disturbo quando era al liceo, ma che non mollò mai e riuscì a superare l’ostacolo.
Sei ore più tardi John Sax passò a migliore vita, e quella fu l’ultima conversazione che Steve ebbe con il padre. Tenendo sempre in mente le parole del genitore, Sax non mollò, e pian piano riguadagnò fiducia in se stesso.
Di nuovo il baseball divenne un divertimento. I tifosi avversari smisero di insultarlo. Sax non commise più un errore nelle ultime 36 gare di campionato. Quando si ritirò nel 1994, era stato votato cinque volte per l’All Star game con un totale di 444 basi rubate e vincitore di due World Series.
Due anni dopo il suo ritiro, la madre, che aveva conosciuto il padre sin dai tempi delle scuole elementari, raccontò la verità al figlio: Il padre non aveva mai avuto problemi nel tirare una pallina da baseball.
Pochi anni orsono, in un’intervista Sax dichiarò:
“Mentì, non voleva vedermi fallire, m’incoraggiò anche sul letto di morte, e cambiò per sempre la mia vita”.
Frankie Russo
Articolo pubblicato il 4 gennaio 2016
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Michele (martedì, 05 gennaio 2016 12:45)
Questo articolo va letto, studiato e meditato. In esso verità e poesia si fondono per un piacere che solo l'intelletto esige.