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Il primo scandalo scommesse nella storia del baseball

Foto tratta da MLB.com 

di Andrea Salvarezza

Fu in questo momento che si verificò una frammentazione nel mondo del baseball organizzato, un’insanabile separazione in tre classi distinte che si mantiene tutt’ora: directors (dirigenti dei club, che presto ne sarebbero diventati proprietari), managers (inizialmente chiamati captains, provenienti dalle file dei giocatori e assunti al servizio dei proprietari) e player-workers (i ballplayers, i veri protagonisti del  baseball giocato). Un altro momento degenerativo fu legato al diffondersi delle scommesse e della loro logica, naturale conseguenza: le partite truccate

Il betting era in auge già dal 1857,  ma il primo scandalo venuto alla luce in tema di fixed match è relativo ad una partita della stagione 1865: i tre New York Mutuals Thomas Devyr, Edward Duffy e William Wansley, con una esplicita confessione, ammisero di aver deliberatamente venduto l’incontro giocato contro i Brooklyn Eckfords e furono dunque espulsi dalla  Judiciary Commitee della NABBP.

 

Appena un anno dopo però, mancando di un giocatore di livello per il ruolo di interbase, gli stessi New York Mutuals reintegrarono Devyr restituendolo alla sua posizione in campo; la stessa cosa fece il Fulton Club con Wansley, che era stato l’artefice della combine, e i due giocatori poterono così prendere parte alla stagione del 1867

 

Naturalmente la Judiciary Committee sanzionò i Mutuals e il Fulton Club per avere schierato giocatori che erano stati banditi dalla lega, e invalidò gli incontri da essi giocati. I Mutuals continuarono però a far giocare Devyr in attesa di ricorrere in appello contro la commissione, e quando alla convention di fine stagione, tenutasi a Philadelphia l’11 dicembre, il voto dei delegati ribaltò nettamente la decisione sfavorevole a Devyr (415 voti contro 143), validando così formalmente il suo reintegro, il fiasco della Judiciary Committee fu completo: per i tre fixers non vi fu praticamente alcuna conseguenza rilevante, se si eccettua la temporanea sospensione dal gioco.

Una squadra generalmente nota per le partite “aggiustate” era quella degli Haymakers di Troy (NY): essi erano addirittura “controllati” da alcuni gamblers di New York, fra cui figurava anche il Senatore John Morrissey, immigrato irlandese dal losco passato e dalla figura molto ambigua.

 

Si deve fare attenzione però a non sopravvalutare l’impatto di questi fenomeni degenerativi: il baseball non faceva altro che riflettere il carattere generalmente corrotto dell’epoca, e comunque la corruzione non era dilagata completamente e non raggiungeva la maggior parte dei giocatori.

 

Certamente però la situazione confusa ed ingarbugliata del 1867 e 1868 era tale da richiedere al più presto una decisa riforma istituzionale.

 

Tensioni divergenti e forze contrapposte avevano portato l’Associazione sull’orlo del collasso, che come vedremo nel capitolo seguente avvenne puntualmente proprio al principio della decade successiva.

 

I “mali” che stavano attraversando l’universo del baseball non ebbero effetto solamente sul suo assetto istituzionale; piuttosto essi colpirono radicalmente anche l’immaginario collettivo di tifosi e semplici spettatori.

 

Fu in questo preciso momento storico infatti che tutti gli appassionati del gioco, turbati profondamente dalle divisioni e dai conflitti ad esso inerenti, iniziarono a lamentarsi delle degenerazioni intervenute a contaminare l’aura di (presunta) purezza del baseball: rimarcando la fine dei “bei tempi andati”, in cui il gioco era puro e incontaminato, i fans della fine degli anni ’60 cercavano rifugio in un mondo idealizzato che in realtà non era mai esistito.

 

La curiosa analogia con le simili esternazioni che oggi sentiamo spesso ripetere all’interno del dibattito sportivo, sia con specifico riferimento al baseball, ma anche nei “bar sport” nostrani che ruotano attorno al calcio, non è affatto casuale ed ha anzi un significato storico preciso: è l’espressione di quella che è stata brillantemente definita come la «storia ciclica» del baseball, che si affianca alla «storia lineare» e che vide la sua comparsa proprio verso la fine degli anni ’60.

 

Dunque da questo momento in poi la storia “ciclica”, generazionale (perché le “lamentele nostalgiche” si ripeteranno più o meno con regolarità ad ogni cambio generazionale), che ha il suo fondamento nel rapporto “emozionale” con il gioco, si allontana e si divide da quella “lineare”, cronologica, che racconta le evoluzioni del baseball ed è incentrata sulla relazione che dagli anni sessanta dell’ottocento esso intrattiene con il denaro e la crescente organizzazione imprenditoriale del gioco:  l’una costantemente ossessionata dallo sforzo di tornare ai “felici giorni di una  volta”, l’altra impegnata a celebrare il cammino del gioco verso il progresso e la perfezione.

 

Segue

 

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Tratto da A. Salvarezza, Eccezionale quel baseball! L'origine dell'isolazionismo americano negli sport, Dottorato di ricerca in critica storica giuridica ed economica dello sport (relatore: Adolfo Noto), ciclo XXII, Teramo 2009.

 

 

La Tesi di Andrea Salvarezza

 

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