Il grande successo sportivo dei Cincinnati Red Stockings del 1869, amplificato dalla sempre crescente attenzione riservata al baseball sulle pagine dei giornali, portò presto le altre squadre a seguirne le orme; la squadra di Cincinnati invece finì per dissolversi quasi subito, quando l’anno seguente la dirigenza annunciò di non essere più in grado di pagare i giocatori: forse fu solo un bluff, una mossa strategica per cercare di abbassare i salari, ma comunque non ebbe il successo sperato e vide i suoi migliori elementi migrare verso altre squadre in grado di pagarli (Harry Wright andò a Boston portando con sé il fratello George, Charlie Gould e Calvin Mc Vey: partendo da questo blocco di fedelissimi, Wright impiegò tutta la sua abilità come manager e scopritore di talenti per costruire una squadra sensazionale, che aveva in Spalding un lanciatore ineguagliabile e che fu capace con il nome di Red Stockings – anch’esso “predato” a Cincinnati – di vincere 4 titoli nazionali di fila per Boston, sfiorandone un quinto.
Il professionismo continuava a crescere di importanza nella NABBP, e dal 1869 era ormai virtualmente in controllo della convention, al punto che non fu più necessario mantenere la distinzione tra professional e amateur introdotta appena dodici mesi prima.
La convention del 1870 non portò dunque alcuna revanche dello spirito amateur; in quell’occasione fu anzi respinto un altro tentativo “reazionario” di ripristinare il divieto nei confronti del professionismo. La sconfitta della mozione presentata da Mr. Cantwell (17 voti contrari a 10) fu il segnale rivelatore che i tempi erano ormai maturi per la scissione istituzionale.
Tuttavia, nonostante l’avanzata decisa del professionismo, non si deve pensare che lo spirito dilettantistico si affievolì istantaneamente; i giornali ne richiamavano anzi i principi fondamentali (Henry Chadwick su tutti), e squadre puramente amateur continuavano ad esistere, a formarsi e a giocare numerose partite, anche contro i professionisti (seppur venivano quasi sempre surclassate nettamente: contro squadre composte da dilettanti nel 1871 i Boston Red Stockings vinsero 32 partite su 32, nonostante il vantaggio di concedere cinque eliminazioni per inning agli avversari invece dei soliti tre out).
Forse per compensazione, il gioco si andò diffondendo sempre di più nei college, dove almeno formalmente vigeva il ferreo vincolo del dilettantismo.
Sconfitti alla convention del 1870, per cercare di rientrare in controllo del gioco i club amateur optarono per una re-istituzionalizzazione in una nuova associazione, fondando ai primi di marzo del 1871 la National Association of Amateur Base Ball Players.
Essa fu creata per volontà di quei club che, non più influenti come un tempo, desideravano tornare a far sentire la propria voce e propugnavano un ritorno al mondo idilliaco del gioco “puro” (mondo che in realtà non era mai esistito). Essi però mancarono totalmente di senso storico, tralasciando completamente di tenere conto delle ragioni e degli eventi che avevano portato all’assetto attuale del gioco, ormai incentrato sul professionismo.
La nuova organizzazione si rivelò dunque essere piuttosto effimera; proprio il “virus” del professionismo aveva infatti già contagiato lo spirito dilettantistico, come dimostra ad esempio il fatto che le squadre non trovarono alcun accordo sulla possibilità di sfruttare o meno i potenziali proventi derivanti dagli incassi delle partite.
Il cammino del baseball “puramente” amateur finì in pratica per ripercorrere le stesse tappe già raggiunte dal baseball professionistico, come ad esempio l’organizzazione di tour promozionali: ma la situazione si spinse fino a sfiorare il paradosso, poiché si fece strada persino l’ipotesi di allestire un sistema di partite capace di assegnare il titolo di campione statale o nazionale (l’ironia della situazione è evidente e non c’è ulteriore bisogno di rimarcarla: la competizione era ormai talmente presente nello spirito del gioco da essere considerata naturale anche da coloro che si erano auto-proclamati “dilettanti”).
Pochi giorni dopo la fondazione dell’Associazione amateur, la scissione istituzionale divenne completa con la riunione dei club professional che diede vita alla National Association of Professional Base Ball Players (NAPBBP): la “baseball fraternity” sembrava sul punto di potersi scindere in due diversi “mondi”. Ma se inizialmente sembrava ipotizzabile che le due associazioni, con le loro rispettive organizzazioni regionali, statali e nazionali, potessero convivere tranquillamente fianco a fianco, tuttavia presto fu chiaro che tutte le attenzioni del pubblico e i migliori giocatori sarebbero andati verso le squadre professionistiche.
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Tratto da A. Salvarezza, Eccezionale quel baseball! L'origine dell'isolazionismo americano negli sport, Dottorato di ricerca in critica storica giuridica ed economica dello sport (relatore: Adolfo Noto), ciclo XXII, Teramo 2009.
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