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Attenti al bunt!

di Paolo Castagnini

Un fatto  accaduto durante la settimana mi ha fatto riflettere sull'attenzione che noi allenatori dobbiamo avere per evitare che i nostri ragazzi e ragazze si facciano male. Un giocatore evoluto prima di girare la mazza da sempre un colpo d'occhio dietro di se per accertarsi che qualche compagno non sia dietro. Così come quando tira una palla sa perfettamente se chi la sta ricevendo è vigile. Con i giovani spesso non accade. Quante volte i ragazzi presi dall'entusiasmo li vediamo sventolare la nuova mazza a pochi centimetri dai compagni? Ecco perché siamo noi allenatori ad essere responsabili su ciò che accade in campo. Talvolta però è proprio il nostro insegnamento a volte non corretto a causare infortuni. 

Oggi voglio parlare del bunt, questo bistrattato gesto tecnico così fuori moda, ma sempre usato in quanto efficace se non si hanno battitori da oltre la recinzione. Ma come si esegue un bunt correttamente?

 

Vediamo un po' la sua storia. Come ci insegna Michele Dodde nella sua "Eventi salienti di una storia infinita n° 14", sembra che l'inventore del bunt o smorzata sia stato William Henry Keeler giocatore alto un metro e sessanta centimetri che alla fine dell'800 raggiunse, anche grazie a questa nuova tecnica, 206 singoli, record battuto solo da Ichiro Suzuki nel 2009.

 

Come ogni fondamentale anche la tecnica del bunt si evolse nel tempo. Quando ero ragazzo (fine anni sessanta) i miei allenatori mi insegnavano a muovere i piedi nel box di battuta posizionandomi frontalmente al lanciatore con la mazza parallela al terreno.

Successivamente la tecnica cambiò. Al battitore si chiese semplicemente di ruotare il busto rimanendo con i piedi nella posizione iniziale, tecnica molto più semplice che resiste tuttora  in particolare nell'attività giovanile.

 

Poi arrivò una novità. La mazza non andava tenuta parallela al terreno bensì inclinata per evitare un pop fly facile presa del ricevitore. In sostanza quell'angolo della mazza avrebbe garantito che la palla schizzata in foul andasse verso la zona del dugout.

 

Ma di quanto dovrebbe essere questo angolo? Nell'immagine in home page e la successiva qui sotto  Max Scherzer il 18 giugno di quest'anno ebbe la frattura del setto nasale durante un allenamento proprio di bunt di sacrificio.

 

La figura in home ci mostra come Scherzer tenesse la mazza inclinata (tra i 35 e 45 gradi) ed è evidente che la palla colpita in quel punto sarebbe poi schizzata sul viso del battitore.

 

Ora alzi la mano chi non è mai stato presente ad un infortunio simile sui nostri campi. Purtroppo i casi in Italia e in tutto il mondo sono moltissimi.

 

La domanda perciò è questa: quanto vale la pena insegnare ai nostri ragazzi a tenere la mazza inclinata piuttosto che parallela al terreno? Meglio un out al volo ogni tanto su un pop fly o un naso rotto?

 

Certo che la soluzione intermedia esiste, ma forse andrebbe adottata da giocatori evoluti che sanno maneggiare la mazza con destrezza. Se alla mazza diamo un angolo di 10 gradi rispetto il terreno probabilmente evitiamo sia il pop fly che la palla in faccia, ma ai giovani torniamo ad insegnare la mazza parallela al terreno. 

 

Per concludere ecco la mia tecnica preferita di bunt che va insegnata solo a giocatori di buon livello non certo ai ragazzi fino ai 15 anni.

 

Paolo Castagnini

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