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Il baseball praticato dalle donne - 2^ parte

Foto tratta da MLB.com 

di Michele Dodde

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Dopo la Lizzie le pagine ingiallite di una cronaca andata riportano il nome di Alta Wiess Hisrich che ha incominciato a lanciare a Ragersville in una squadra di baseball di ragazzi all’età di soli 14 anni. Correva l’anno 1904 e tanta fu la curiosità  suscitata dal suo stile e dalla sua tenuta sul monte di lancio che a 17 anni, entrata nel roster della squadra semiprofessionista di “Vermilion Independents”, la sua prestazione al debutto richiamò ben 1200 persone sugli spalti per assistere alla gara. Oltre 3000 invece furono i fans quando debuttò con la casacca dei “Cleveland Naps”. Le sue particolari doti di giocatrice le aprirono le porte presso lo Starling Medical College dove si laureò medico. Pur professando la sua nuova attività, continuò a giocare in squadre maschili amatoriali sino al 1920. La sua determinazione e vita da favola fu evidenziata dalla scrittrice Deborah Hopkinson nel libro per ragazzi: “Girl Wonder: a Basaball Story in Nine Innings” mentre la sua uniforme composta da una blusa ed una gonna lunga sino alle caviglie è ora presso il Museo di Cooperstown.  

Diversa invece la storia di Virne Beatrice “Jackie” Mitchell. Il padre della Virne, il Dr. Joseph, un grande appassionato di baseball e vicino di casa al grande lanciatore Dazzy Vance, coinvolse quest’ultimo ad insegnare alla figlia a lanciare ed a mostrarle il segreto della sua “drop Ball”. Supportata con interesse ed affetto dal padre, a 17 anni la Mitchell iniziò a giocare regolarmente con la casacca delle “Engelettes” a Chattanooga ed a frequentare una scuola di baseball ad Atlanta.

 

Qui il suo stile e la sua tenuta interessarono molto il proprietario dei “Chattanooga Lookouts”, Joe Engel, che da buon businessman, sempre proiettato ad inventarsi attrattive per richiamare il maggior numero di pubblico specie durante la Grande Depressione, configurò in lei l’anello mancante alla sua attività. 

 

La mise sotto contratto il 25 marzo del 1931 e la fece debuttare da professionista nella sua franchigia il 2 aprile in una gara che è diventata storia e leggenda. 

 

Erano a Chattanooga i “New York Yankees” per una gara dimostrativa ed il manager dei Lookouts, Bert Nichoff, al primo inning, dopo che il lanciatore partente Clyde Berfoot aveva concesso un doppio ed un singolo, pensò di galvanizzare il pubblico inviando sul monte di lancio la Mitchell.

Nel line up degli Yankees i battitori successivi erano Babe Ruth e Lou Gehrig. Il pubblico sugli spalti era in perfetto silenzio.

 

Il primo lancio fu giudicato dall’umpire un ball, ma su i due successivi Babe girò la mazza cercando invano di battere la pallina ed al quarto lancio, quando l’umpire sanzionò lo strike che di fatto lo stava eliminando al piatto, dapprima lo guardò torvo e poi incominciò ad insultarlo verbalmente tanto da essere preso e portato via dai suoi compagni di squadra sino al dugout.

 

Il pubblico allora cadde in un classico delirio comatoso poiché anche l’iron man Lou Gehrig a sua volta venne eliminato con tre lanci giudicati strike. Così non trovò di meglio il cronista del locale quotidiano “Chattanooga News” che riportare il giudizio di Babe: “Non so cosa succederà se inizieranno a lanciare le donne durante una gara di baseball. Certo non potranno mai giocare bene perché sono troppo delicate e non potranno resistere a lungo giocando ogni giorno”. 

 

Pochi giorni dopo quest’evento da leggenda l’ormai scorbutico ed inflessibile commissario del Baseball, il giudice Kenesaw Mountain Landis che aveva con ferrea decisione radiato gli otto Black Sox nel 1920, nonostante il parere di non colpevolezza espresso dal tribunale ordinario, sancì che “le donne erano inadatte a giocare nel baseball professionistico perché troppo duro e faticoso” e dunque annullò il suo contratto e vietò ulteriori contratti ad altre eventuali future giocatrici nelle franchigie della Major League .

 

La Mitchell comunque continuò a lanciare nelle leghe illegali con suo buon profitto ed anzi si racconta anche con buon divertimento in specie quando andò a giocare con la squadra “House of David” il cui roster era diventato  famoso poiché tutti i giocatori avevano capelli e barbe lunghe. Bene, anche lei durante il gioco si divertiva ad indossare una barba lunga finta.

 

Michele Dodde

 

Segue

 

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Commenti: 1
  • #1

    Rosa Mariano (venerdì, 22 marzo 2024 13:57)

    Caro Michele ti sono grata per avermi fatto scoprire una donna coraggiosa e poco convenzionale del secolo scorso.
    Jackie Mitchell è stata un' antesignana che ha contribuito a spianare la strada e a deprimere pregiudizi alle molte donne appassionare dello sport, atlete che negli anni successivi si sono cimentate in discipline ritenute retaggio maschile.