di Frankie Russo tratto da freep.com
Miguel Garcia guidava nervosamente. Aveva appena recuperato Al Avila all’aeroporto di Caracas e, in compagnia dell’altro scout, Louie Eljaua, erano diretti a La Pedrera alla periferia di Maracay dove abitava un ragazzino di nome Miguel Cabrera. Avila parlò per tutti i 90 minuti del viaggio; voleva sapere tutto di quel ragazzino. Non sarebbe stata una decisione facile. Per metterlo sotto contratto era necessario tagliare qualcuno ed era una mossa che comportava sempre dei rischi. Insomma non si poteva sbagliare, si trattava di affari. Oltretutto lo scout Garcia aveva l’incarico di trovare un buon giocatore invece adesso parlava di una superstar di soli 15 anni. Arrivati al campo i tre non ebbero nemmeno il tempo di trovare un posto in tribuna che Cabrera colpì per un HR al suo primo turno in battuta. Avila avrebbe voluto chiamare subito la dirigenza dei Marlins ma poi ritenne opportuno guardare tutta la partita, alla fine della quale finì per pranzare con la famiglia Cabrera. Fu l’ultima volta che Avila scherzò su Cabrera. Da quel momento in poi si sarebbe parlato solo di affari. Da allora son passati gli anni e Cabrera ora 38enne ha da poco realizzato il suo 500° HR. Avila e Cabrera si conobbero quando Avila lavorava per i Marlins dove Cabrera giocò i suoi primi 5 anni nelle majors prima di essere ceduto ai Tigers nel 2008 e dove oggi il GM è proprio Al Avila.
Cabrera avrebbe voluto tanto realizzare quel # 500 al Comerica Park davanti al suo pubblico, ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Invece è avvenuto in Toronto dove lo sportivo pubblico gli ha dedicato una meritata standing ovation. Il suo prossimo obiettivo sarà raggiungere quota 3.000 battute valide, ma per questo dovremmo aspettare la prossima stagione, e quando sarà Miguel Cabrera diventerà il 7° giocatore della storia a raggiungere entrambi i traguardi. Il suo nome sarà scritto a fianco di altri grandi che lo hanno preceduto: Hank Aaron, Willie Mays, Eddie Murray, Rafael Palmeiro, Albert Pujols e Alex Rodriguez.
Gli scouting report di Garcia e Eljaua al riguardo di Cabrera erano incoraggianti; erano sicuri di non sbagliare. Certo, non potevano immaginare di avere davanti uno che avrebbe battuto 500+ HR e che sarebbe entrato nella Hall Of Fame al primo ballottaggio. Ma era da tener presente che John Henry l’allora proprietario dei Marlins aveva dato l’ordine tassativo ad Avila di spendere solo per il migliore. Scommettere su un ragazzino di 15 anni era un grosso rischio. I dubbi di Avila erano anche suffragati dal fatto che Garcia era da poco in Venezuela ed era una vera coincidenza che avesse trovato un campioncino in così poco tempo.
Fu chiesto a Dave Dombrowsky, responsabile dei Marlins per le operazioni di mercato, la possibilità di trattare, ma anche da parte di DD c’erano seri dubbi. Se fosse andato male erano in gioco i loro posti di lavoro.
Dopo circa un anno di continui scouting e trattative, il 2 luglio 1999 Cabrera firmò per i Marlins un contratto da 1,8 milioni di dollari. Cabrera rifiutò altre offerte come quella dei Dodgers per 2 milioni per il semplice fatto che ormai si fidava solo di Miguel Garcia.
In quel periodo Cabrera non aveva un agente; furono i genitori a gestire la negoziazione. Avila tornò a Miami ben contento di avere in tasca quel contratto. In aereo, al suo fianco, sedeva lo scout dei Dodgers Camilo Pascual che tornava, purtroppo per lui, a mani vuote.
Garcia venne a sapere di Cabrera nel 1997 tramite un suo collaboratore. Cabrera era impegnato in un tryout per la nazionale giovanile venezuelana ma fu tagliato perché non considerato un buon corridore. Per i Marlins fu un vero colpo di fortuna poiché non vi furono molte altre società ad osservare il piccolo Cabrera giocare in nazionale. La prima volta che Garcia vide Cabrera giocare notò subito il suo giro di mazza fluido indirizzando la palla a tutto campo. Nell’occasione volle conoscere il padre di Cabrera e gli chiese subito il permesso di farlo visionare da un suo superiore ricevendo risposta positiva. A fine gara Garcia incontrò Cabrera e trovò un ragazzo più maturo della sua età con l’ovvio obiettivo di diventare un grande giocatore di baseball.
Garcia volle approfondire la conoscenza con la famiglia e venne a sapere che la madre era stata una ottima giocatrice di softball, che il padre aveva giocato in leghe amatoriali e anche lo zio era stato nelle minors dei Cardinals. Insomma, una famiglia dedita al baseball. Ma niente fu facile come può sembrare. Per sapere tutto ciò che riguardava la famiglia, Garcia regalava casacche ed altri gadget a un vicino di casa che aveva l’incarico di rapportare tutto ciò che accadeva. Gli fu detto che erano molte le squadre interessate al piccolo Cabrera e che c’era un via vai di altri scout.
Quando finalmente Garcia si convinse a far intervenire il suo superiore, appunto Eljaua, i due andarono ad incontrare Cabrera a casa e lo misero subito in campo. Iniziò nella posizione di interbase ma notarono subito che non era il suo ruolo naturale. Si muoveva bene con i piedi, aveva un braccio forte e un tiro preciso. A Eljaua il ragazzo piacque subito ma Garcia lo avvertì che il meglio doveva ancora venire. Dopo 5 battute a destra, 5 al centro e 5 a sinistra, gli fu chiesto se volesse riposare. “Mi sono appena riscaldato” rispose Cabrera.
L’allenamento di battuta continuò. In tutta verità il campo non era molto lungo, ma Cabrera spediva con straordinaria facilità la palla oltre la recinzione e il BP terminò quando rimasero senza palle. A Eljaua, Cabrera gli ricordava Alex Rodriguez, era un po’ diverso lo swing, ma l’effetto della battuta era ancor più devastante.
Quando si chiede a un ragazzino che gioca a baseball cosa desidera fare da grande, generalmente la risposta è immancabilmente di giocare un giorno nelle majors. Ma non Cabrera. No, lui voleva diventare un campione, voleva diventare il migliore, voleva entrare nella Hall Of Fame. Diceva che quello che stava facendo da giovane era niente in confronto a quello avrebbe potuto fare da grande.
Rientrato in albergo, Eljaua telefonò ad Avila chiedendo di poter discutere il contratto. Ovviamente Avila non credeva alle proprie orecchie ed era alquanto perplesso. Si arrivò al punto che Eljaua lo invitò a venire in Venezuela e vedere con i propri occhi; se non fosse stato soddisfatto non avrebbe mai più sentito parlare di Miguel Cabrera.
Finalmente il 5 marzo 1999 Garcia compilò un dettagliato rapporto su Cabrera e quattro mesi dopo i Florida Marlins avevano il loro futuro campione. Ma come succede spesso, il primo turno di BP fu un disastro. Entrando nel dugout, Cabrera fece notare al trainer che aveva un dolore al polso. Fu medicato e fasciato. Il secondo turno fu uno dei migliori turni di BP mai visto da un adolescente, la palla veniva indirizzata a tutto campo.
Quattro anni dopo, il 20 giugno 2003, ancora ventenne, Miguel Cabrera fece il suo debutto nelle majors.
I Marlins affrontavano i Rays e il punteggio era in parità nell’11° inning. Cabrera entrò in battuta per la quinta volta colpendo il primo lancio e spedendo la palla oltre la recinzione per un HR da 2 punti vincendo la gara. I Marlins poi quell’anno continuarono la loro marcia trionfale verso le World Series sconfiggendo sorprendentemente i New York Yankees e in Gara 4 Cabrera realizzò un HR da 2 punti contro il sette volte vincitore del Cy Young award, Roger Clemens.
Osservando Miguel Cabrera giocare nelle World Series fu la conferma per Garcia che il ragazzo era uno speciale e che sarebbe entrato un giorno nella Hall Of Fame. Ma Cabrera non rimase per lungo tempo a Miami. Con Dombrowsky e Avila al servizio dei Tigers, nel dicembre 2007 fu portato a Detroit (BOTR 21-2-14) dove fu eletto 2 volte MVP, nominato 11 volte per l’All Star Game, vinse 4 titoli come miglior battitore della lega, 7 Silver Slugger award e conquistando nel 2012 la Tripla Corona.
Il traguardo dei 500 HR è stato un trionfo per Avila e per gli scout di allora. Avevano rischiato ma avevano visto giusto e Cabrera, come molti altri campioni anche di altri sport, non ha mai dimenticato le sue origini.
“Vengo da La Pedrera alla periferia di Maracay, non avrei immaginato che questo potesse accadere, è qualcosa di speciale. Voglio ringraziare la squadra e la città tutta per avermi dato l’opportunità di stare qui” ha dichiarato Cabrera dopo HR # 500.
Come giocatore venezuelano, Cabrera detiene il record anche per punti segnati, doppi realizzati, HR e RBI. Ognuno di questi record portano Eljaua indietro nella memoria quando osservava Cabrera. A parte il fisico ovviamente, non è cambiato molto, il comportamento è sempre da adolescente e il divertimento in campo non è per niente cambiato.
Sono trascorsi più di 20 anni da quando Garcia e Eljaua erano in auto portando Al Avila dall’aeroporto per incontrare un ragazzino che un giorno avrebbe battuto 500 HR, offrendo poi l’opportunità agli appassionati di vedere uno dei più grandi giocatori di sempre.
Frankie Russo
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