“Ovvero c’è la necessità di un luogo dove poter avere ed esprimere i propri sentimenti e questo miglior luogo non può che essere un campo da baseball”. Questa è la profonda riflessione simboleggiata in un suo racconto da Savala Nolan, professore di diritto a Berkeley e che ha lavorato presso l'ufficio del consiglio della Casa Bianca durante l'amministrazione del Presidente Barack Obama. Attenta osservatrice sociale e scrittrice di successo, suo è il libro “Don't Let It Get You Down: Essays on Race, Gender and the Body” mentre articoli e racconti sono pubblicati su “The New York Times Book Review”, ”Vogue”, “Harper's Magazine”, “Time” e “Forbes”, mai ha dimenticato la sua storia di origine ed il suo sviluppo personale da lei precisato come "una donna nera mista e ciò che la gente a volte ha chiamato “un sacco di giallo sprecato” il che sta a significare che ha la pelle chiara (gialla) 'sprecata' dai lineamenti neri" snobbando così di fatto la sua complessa relazione con l'essere una donna nera dal corpo grosso e di razza mista.
Mi hanno colpito di questa autrice alcune sue considerazioni che ho liberamente estratte da un suo scritto in cui, nella sua profonda e totale ricerca dell’umanità, racconta che un giorno si trovava in un parco confinante ad un campo da baseball dove era in atto un allenamento. In quel pomeriggio di sole fu colpita in modo particolare da un bambino all’incirca di dieci anni che non si cimentava nella corsa tra le basi e neppure a tirare con precisione la pallina ma invece stava rilassato in campo esterno sdraiato sull’erba rasata con il busto appoggiato su un gomito, gambe dritte ed incrociate alle caviglie, cappello con la visiera spinto verso l’alto sulla testa, viso e corpo totalmente rilassati.
Nel chiedere il perché fosse in quella posizione le fu risposto che il manager in quei momenti stava valutando esclusivamente i battitori ed il bambino era lì solo per andare a raccogliere la pallina se eventualmente questa avesse superato gli interni e rotolata da quelle parti.
Ed ecco allora l’autrice confessare che ella, vissuta in una famiglia che ama lo sport per la gioia, l’eccitazione, l’orgoglio e la fratellanza che riesce a catalizzare, è tuttavia solo un’occasionale fan del baseball che però lo ama per la grande umanità che evidenzia sia per chi vince sia per chi perde. E questa è un’esperienza che non ha confronti e lei l’ha vissuta, essendo nata in una famiglia povera, inizialmente solo con i ritmi del baseball ascoltati alla radio e divenuti familiari e naturali quanto la stessa terra rossa sporca ed il verde dei diamanti.
Ma una ulteriore triste ragione per il suo amore verso il baseball è perché è l’unica volta in cui lei ha visto uomini e giovani piangere lì su un campo da baseball ed anche sulle gradinate. Forse ciò avviene anche in altri sport, ma nel baseball il pianto è unico perché lì, sul campo, il giocatore che si inginocchia e piange apertamente senza preoccuparsi di coprirsi il viso è solo. Ed è la solitudine dei grandi.
E’ noto che il baseball non è uno sport particolarmente lacerante ed allora va a precisare, dal suo punto di vista, quanto sia importante valutare la versione stoica e fredda che emotivamente fa accadere il pianto. Ha visto così atleti piangere, sia nella vittoria sia nella sconfitta, e questa visione per lei è sempre stata un sinonimo di grande bellezza perché le ha offerto quel qualcosa che vale e che si desidera ardentemente: una società che permetta agli uomini e ai ragazzi di sentirsi liberi. Placa dunque la visione l’ardente desiderio di concepire un mondo più equo.
Nel suo pensiero sociologico Savala Nolan poi continua nel considerare quanto importante sia che da giovanissimi si impari a divenire adulti cancellando dal proprio io i concetti di padronanza, della rabbia, della prevaricazione plasmandosi sulla morbidezza, la malleabilità e la tenerezza che fanno parte dell’esperienza umana.
Certo non vuole sembrare settaria nel dire che questi principi scaturiscono solo per chi ama lo sport e soprattutto il baseball ma le riflessioni sono emerse proprio continuando ad osservare quel bambino in tutto il suo essere rilassato ed aperto. C’era in lui una gentilezza ineffabile ed una espansività genuina e senza ostacoli e la certezza di aver scelto non solo uno sport ma quella disciplina sportiva, il baseball, che gli consentirà di crescere senza recidere i propri legami emotivi.
Di certo va poi a concludere affermando che di quel bambino non conosceva ne conoscerà mai quale poteva essere stata la sua vita interiore, o la vita familiare, o la vita sociale con i suoi coetanei e dunque, in un certo senso, non si stava soffermando tanto su di lui ma di quanto egli stava rappresentando per lei.
Infatti è nel proiettarsi nel futuro che intravedeva in lui una ineffabile gentilezza, un'espansività genuina e senza ostacoli tali da renderlo un uomo che non avrà timore ad esprimere i propri sentimenti e le emozioni sino al pianto. Quel pianto che è virilità nascosta.
Poi termina il suo racconto precisando che si era allontanata augurandosi che incominciasse anche lui ad essere coinvolto nell’allenamento vivo affinché potesse trovare uno spazio per sé stesso dove l'ampiezza delle personali affermazioni, le gioie, le tristezze e le emozioni umane potessero sempre rimanere a sua disposizione sia con il sorriso sia con il pianto. E se ciò potesse verificarsi per ognuno di certo saremmo tutti migliori per questo.
Considerazioni che ampliano ancor più l’aspetto filosofico del baseball e che è giusto siano meditate per augurare a tutti un buon baseball come saluto di civiltà.
Michele Dodde
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Claudio Claudani (mercoledì, 30 marzo 2022 11:06)
Ho apprezzato il richiamo giallo/blu posto a guarnizione dell’articolo; anche il titolo del libro , che può essere tradotto: “non farti abbattere” , ma anche , “ non farti prevaricare” , sono un forte richiamo al tempo che stiamo vivendo. Molto interessante l’escursus psico-sociologico, che mette a nudo la fragilità dell’animo umano che, specie negli sport “fisici” viene spesso trascurata. In questi giorni vedo vivere situazioni simili dai miei nipoti impegnati in gare sciistiche di altissimo livello ; non si fanno abbattere e neppure si esaltano oltre misura , ma certo si macerano!
Ciao,
un abbraccio Claudio&Anna
Maria Luisa Vighi (mercoledì, 30 marzo 2022 11:37)
Intenso commento..La solitudine dei grandi!! Complimenti..
Marcella (giovedì, 31 marzo 2022 08:59)
Magnifica rappresentazione della, quasi "utopistica", integralita' dell'animo umano