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Il Guanto da Baseball - The Catch

Getty Images

di Michele Dodde 

Il più celebrato Guanto da Baseball, ben visibile nella vetrinetta a lui dedicata presso il museo della Hall of Fame, è certamente quello indossato dall’esterno centro Willie Mays il 29 settembre del 1954 durante la prima gara delle World Series tra i Giants di New York e gli Indians di Cleveland. Si stava giocando l’ottavo inning, con il punteggio in parità 2-2, presso il mitico Polo Grounds, uno stadio dalle dimensioni del campo esterno più grandi della media, e sul monte di lancio per i Giants c’era il mitico Sal Maglie “The Barber”. Gli Indians erano riusciti ad acquisire, anche grazie alla valida di Larry Doby, la prima e la seconda base. In quel frangente, entrando nel box di battuta il battitore mancino degli Indians Vic Wertz, il manager dei Giants Leo Durocher ritenne opportuno rilevare Maglie con il lanciatore di rilievo Don Liddle, anch’egli mancino. Al suo quarto lancio Wertz con un poderoso swing colpì la pallina che viaggiò per circa 130 metri verso la parte centrale del diamante. Qui l’apoteosi di Willie Mays che correndo verso il punto futuro di caduta della pallina effettuò la presa al volo della stessa da sopra la spalla e subito dopo, girandosi immediatamente verso il campo interno, la tirò con estrema precisione verso il seconda base impedendo così ai corridori di avanzare. 

Fu una presa di rara fattura frutto di un atleta considerato uno dei giocatori più completi della storia del baseball e successivamente inserito nel 1999 dal periodico “The Sporting News” al secondo posto nella classifica dei migliori giocatori di tutti i tempi. Quella presa al volo, che sancì l’out di Wertz e che dette il via alla vittoria dei Giants per 5-2 agli extra inning e poi a conquistare il titolo, fece letteralmente impazzire il pubblico e soprattutto i cronisti sportivi tanto da dare a quell’evento il nome “The Catch”, la presa per eccellenza e che ancora oggi si impolvera di magia nel rivederla attraverso la ripresa clou trasmessa della televisione. 

 

Ma allora, che cosa è il Guanto da Baseball che tanta attenzione suscita nei giocatori al contrario degli altri attrezzi quali la pallina e la mazza?

In verità all’alba del gioco, ovvero quando il baseball incominciò a diventare un modello popolare cercando di distinguersi dal cricket, tutti i giocatori prendevano e giocavano la pallina con le mani nude tanto che una similitudine del gioco fu “quello dei bare handed” e tale dimostrazione di virilità era molto apprezzata dal pubblico e soprattutto dal pubblico femminile.

 

Accadde però che nel 1870, a seguito di un infortunio alla mano sinistra, Doug Allison, il proverbiale innovativo ricevitore dei Red Stockings, la prima squadra formata da professionisti, incominciò ad indossare guanti di pelle di daino in tutte e due le mani per meglio attutire la potenzialità della pallina lanciata e migliorare così di fatto la presa. 

 

Il caratteristico color carne dei guanti alla lontana però si confondeva lasciando intendere che Doug ricevesse la palla sempre a mani nude come il pubblico pretendeva. Si narra poi che nel 1875 il primo utilizzo confermato fu quello attuato da Charlie Waitt, un esterno e prima base dei St. Louis di Cincinnati, che giocò in Major League solo per quattro anni ma che è passato alla storia sia per la sua scelta tesa a proteggersi la mano e sia per essere stato preso in giro, schernito, deriso dai tifosi e dai suoi stessi compagni di squadra tanto da chiamarlo “femminuccia”. Tuttavia la sempre più ricercata velocità della pallina e la volontà di evitare lividi alle mani fece sì che l'uso dei guanti fosse sempre più gradito dai giocatori anche se quei guanti utilizzati avevano di fatto le punte delle dita tagliate, forse per consentire uguale controllo di una mano nuda, ma con finalmente una imbottitura a protezione del palmo.

Tuttavia il ridicolo sopportato da Waitt richiamò l’attenzione del lanciatore Albert Goodwill Spalding che raccontò nelle sue memorie: “Per diversi anni avevo lanciato in ogni partita giocata dalla squadra di Boston e avevo sviluppato grandi e fastidiosi lividi all'interno della mia mano sinistra.... Pertanto chiesi a Waitt del suo guanto.  Charlie mi confessò che si vergognava un po' ad indossarlo, ma lo faceva per salvaguardarsi la mano. Ammise anche di aver scelto un colore il meno appariscente possibile per non attirare l'attenzione del pubblico. Nel frattempo la mia mano continuava a farmi male con la massima regolarità e così dopo due anni superando i miei scrupoli contro l’uso del guanto, lo indossai e non di color carne, bensì di color nero. Fortunatamente, nel mio caso, che io usassi un guanto o meno non ha sollevato alcuna negatività. Forse il fatto è che avevo giocato così a lungo ed ero diventato così famoso che l'innovazione sembrò evocare più simpatia che ilarità”. Così Spalding, da originariamente scettico sull'uso dei guanti, influenzò non poco diversi giocatori ad iniziare ad usarli ed anzi, da buon intenditore dalla vista lunga, in seguito, avendo già avviato un negozio di attrezzature sportive insieme al fratello Walter, ampliò la produzione di articoli sportivi includendo proprio la manifattura di guanti da baseball che ancora oggi portano il suo nome.

Ma la cronaca poi narra che nel 1883 fu il giocatore Arthur Albert Irwin, soprannominato in seguito “Doc” e “Fox” per scelta ed arguzia, mentre indossava i colori dei Providence Grays nel ruolo di interbase, rompendosi durante un gioco il terzo ed il quarto dito della mano sinistra, non volendo perdere nessuna partita, prese un guanto usato dai frenatori dei treni in pelle di daino di grandi dimensioni, lo imbottì con diversi strati di bambagia e ne cucì insieme il terzo e il quarto dito per lasciare spazio alle bende. 

 

Dopo che le dita furono guarite, trovando positivo nella presa il guanto da lui realizzato, superando le nascenti dicerie, seguitò ad usarlo giocando regolarmente nella Major League per ben undici anni. E fece scuola poiché nella successiva stagione quasi tutti i giocatori professionisti erano soliti usare il "guanto Irwin". 

 

Questo guanto dunque, semplice nella sua struttura poiché non aveva alcuna tasca per la presa né cinghia per stringerlo al polso ma solo un po' di imbottitura sul palmo, seguendo l’evolversi del gioco, fu dettato esclusivamente per la protezione delle mani.

Dunque sarà solo nel 1920 che avverrà la svolta della materia che diventa filosofia. Infatti fu il lanciatore William Leopold Doak, soprannominato “Spittin’ Bill” per aver inventato l’irripetibile “Spittball”, che al fine di migliorare la presa di una pallina, suggerì all’industria Rawlings, fondata dai fratelli Alfred e George, di cucire tra l’indice ed il pollice una sacca di pelle intrecciata a forma di ragnatela.

 

Questa idea di tasca naturale che Doak brevettò e vendette a Rawlings divenne il precursore dei moderni guanti, ma da allora dunque non più guanti bensì guantoni, oggi usati da professionisti ed amatori e che di fatto cambiò utilizzo e significato. Questo perché mentre la presa della pallina nel baseball era sempre stata eseguita a due mani, con questa innovazione si rendeva più facile attuare la presa con una mano ed utilizzare prontamente l’altra per il susseguente tiro e dunque da quella che era una semplice iniziale protezione ora il guantone stava divenendo il prolungamento della propria mano, ovvero una ulteriore estensione nel tempo e nello spazio in armonia con la logica aristotelica.

Ed ecco allora che il guanto a propria insaputa è diventato quell’eccellente occulto spettatore dei propri errori ed anche delle oggettive personali esaltazioni, di quei drammatici umori mentali e della inaspettata stanchezza fisica, ma soprattutto testimone intimo dei continui stati d’animo e depositario dei segreti confidati nel corso della partita e della vita.

 

Sì, perché non la pallina o la mazza, che pure hanno un significato personale, ma è il guanto che indossato incomincia ad esercitare la cosiddetta sindrome della “coperta di Linus” ovvero ad indicare qualcosa che dà sicurezza e di cui non ci si può privare, ovvero la ricercata protezione sovrannaturale per essere avviati nel mondo fatato della magia, quella magia “The Catch” che si ricerca sempre per completare la propria personalità e carattere.

 

Ed è poi pur vero che il guanto, una volta indossato, non ci lascerà più perché lo si userà sempre sia nel gioco, ricordandoci i positivi eventi, sia nella vita poiché anche durante quelli che saranno i freddi inverni egli sarà sempre lì, accanto a te, in silenzio ma pronto a farti sognare.

 

Michele Dodde

 

Sotto "The Catch" di Willie Mays il 29 settembre del 1954

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