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Ecco allora che il baseball da puro collante tra i vari ceti diventa il favorito membro della rivoluzione che ebbe nel poeta, scrittore e politico José Julián Martí Pérez l’indiscutibile leader del movimento per ottenere l'indipendenza dalla Spagna e, contemporaneamente, opporsi all'annessione di Cuba agli Stati Uniti. Da console aggiunto per Uruguay, Paraguay ed Argentina, nel 1880 Martì si trasferì a New York dove incominciò a mobilitare i tanti esiliati cubani contrari al Governo spagnolo in specie presenti a Tampa e Key West dove in quest’ultima sede è posizionata, quale nemesi storica!!!, anche la prima barca realizzata con vuoti bidoni di benzina tra loro saldati che è stata usata dai primi emigranti esuli che lasciarono Cuba non convinti della politica di Rafael Castro. Dopo aver fondato il Partito Rivoluzionario Cubano nel 1892, Martì pubblicò successivamente il 25 marzo del 1895, permeato com’era degli ideali della massoneria, l’illuminato Manifesto di Montecristi con il quale proclamava l'indipendenza cubana ponendo fine a tutte le distinzioni giuridiche tra le razze.
Nella foto in home Martin Magdaleno Dihigo Llanos inserito nella Hall Of Fame americana)
Bene, il baseball in quel periodo di divulgazione delle idee indipendentiste fu usato dagli insorti durante le partite come un continuo messaggio criptato attraverso i segnali e le richieste di tempo divenendo un libro aperto facilmente leggibile anche dagli analfabeti. Purtroppo Martì morì durante la battaglia insurrezionale di Dos Rios il 19 maggio del 1895 ma le sue idee furono e sono amabilmente ricordate perché durante tutto il corso della sua vita, lo scrittore e poeta cubano con veemenza si era sempre opposto al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra per l'indipendenza di Cuba, riferendosi allo stato americano come al "Golia delle Americhe".
Tuttavia tre anni dopo la sua morte naufragarono anche i suoi sogni poiché a seguito di discrepanze diplomatiche gli Stati uniti contribuirono a dare man forte alla rivolta armata contro il governo coloniale spagnolo dando inizio e fine al conflitto passato alla storia come la “Guerra ispano-americana” al seguito della quale, sconfitti gli spagnoli, Cuba si trovò occupata militarmente dagli Stati Uniti i quali, convocata un’assemblea costituente cubana, imposero a La Habana il cosiddetto “Emendamento Platt” che, di fatto, portò ad un protettorato di Washington sulla Isla Granda e l’occupazione di diverse basi navali (tra le quali Guantanamo).
Da allora il baseball cubano con la vicinanza degli Stati Uniti migliorò la sua organizzazione dando vita ad un soddisfacente professionismo e ad instaurare una vera e propria “Golden Age”.
Dal 1898 e sino agli anni trenta del ventesimo secolo infatti si misero in mostra grandi atleti, divenuti vere icone del baseball caraibico, e tra questi piace ricordare il lanciatore Josè de la Caridad Mendez Bàez amato dai tifosi come il “Diamante Negro”, poi Adolfo Domingo De Guzmàn “Dolf” Luque che faceva impazzire i battitori con i suoi lanci, ancora Miguel Angel Gonzàlez Cordero creativo ricevitore nelle giocate, di seguito Cristòbal Torriente l’osannato Babe Ruth di Cuba per il personale stile e potenza nel box di battuta, poi il funambolico interbase Alejandro Oms Cosme ed il veloce esterno James Thomas “Cool Papa” Bell per finire con l’immortale lanciatore Martin Magdaleno Dihigo Llanos che ebbe poi l’onore di essere inserito dopo sei anni dalla sua scomparsa nella Nationall Baseball Hall of Fame statunitense.
Tutti questi giocatori, di cui si potrà parlare in seguito, oltre ad aver giocato con franchigie cubane, hanno tutti preso parte anche ai campionati agonistici sotto l’egida della Negro League statunitense e l’evento del 1947, ovvero con l’ingresso di Jackie Robinson in una squadra composta di soli bianchi, stava aprendo ulteriori diverse possibilità ai talenti cubani con il sogno di poter essere ingaggiati da squadre della Major League quando però un altrettanto cambiamento epocale si stava preparando a Cuba, ovvero una ulteriore evoluzione e crescita rivoluzionaria contro un regime corrotto sopportato più che foraggiato dagli Stati Uniti, ovvero la rivoluzione dei Barbudos di Castro, che ebbe inizio ufficialmente il 26 luglio del 1953 con l’assalto da parte degli insorti alla Caserma Moncada e finì il 1° gennaio del 1959 con la fuga del dittatore Fulgencio Batista e la presa del potere da parte di Fidel Castro.
Anche in questa seconda ondata rivoluzionaria il baseball ebbe la sua parte quale oscuro messaggero poiché era durante lo svolgimento delle gare che fervevano iniziative, comunicazioni ed avvisi da parte dei rivoluzionari al popolo con la continua richiesta di coinvolgimento dello stesso.
Nella foto Fidel Castro (sx) e Camilo Cienfuegos Gorriarán (dx) due rivoluzionari con la divisa della squadra dei Barbudos)
Michele Dodde
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