Lo struggente “Haiku”:
Sul verde campo la palla si srotola,
s’abbatte sul piatto. Ride e geme il partente.
Infranta è l’attesa del trionfo la morte.
scritto da Stefano Duranti Poccetti delinea apertamente la vitalità di poeta samurai di questo autore che si pregia altresì di spolverare e ritrovare la vera poesia intima. E spazia la sua ricerca, che mensilmente riporta su un mensile di politica e cultura, soffermandosi con incisività pulsante sia sui 2.279 sonetti che Giuseppe Gioacchino Belli dedicò a Roma, sua amata città eterna, sia sulla triste voce semidimenticata della poesia russa rinverdendo l’eccezionale personalità sconosciuta della poetessa Marina Ivanova Cvetaeva. E si sublima il suo dire affondando nell’ermetica poesia dell’Haiku, componimento poetico nato in Giappone nel XVI secolo composto da tre versi secondo lo schema 5/7/5 che lo ha affascinato, riproponendo la raccolta poetica di Maura Del Serra fermandosi poi a meditare su quella tristezza velata da profondo misticismo intimamente sentito da i Nuovi Poeti.
Da questi personali principi nasce “Frammenti di Baseball” poiché per Duranti Poccetti il suo amore per il gioco nasce dall’averlo letto, poi visto, infine giocato, da ultimo vissuto intensamente con la mente, col cuore, con le parole. E si rincorrono i frammenti nel suo mondo ideale tra la fantasia e la realtà, tra eventi e sentimenti che invitano il lettore a continue pause per plasmarsi in modo totale alle apparenti difficoltà del gioco rivelandosi poi atti intimi di stile di vita.
E già dalla studiata copertina che inneggia in silenzio all’esoterismo vivacizzato dalle 108 cuciture della pallina richiamando il lettore ad affrontare l’insito pensiero della cabala che furoreggia sul “tre”, numero perfetto, l’autore si distingue rendendo le sue fantasie, le intime sensazioni, i verdi ricordi una lettura mista di letteratura e attimi di elevata sintesi poetica.
Dopo essere stato un discreto ma carismatico compagno di viaggio, novello Virgilio nel mondo del baseball amato da chi sogna, l’autore si congeda richiamandosi ad una realtà non voluta perché… adesso è quasi buio. I giocatori riprendono le loro mazze, che avevano lasciato cadere sul prato. Raccolgono l’attrezzatura e se ne vanno. I colori delle squadre si confondono mentre questi “soldati” se ne vanno tutti in fila, coi loro elmetti in testa. A questo punto non si capisce neanche se essi siano reali, frutti di fantasia o fantasmi ritornati dal passato per qualche ragione. Infine scompaiono misteriosamente, in una nube di luce.
Ed ecco allora che alla fine i frammenti si ricompongono in un tutt’uno per una lettura che lascia il segno e licenzia l’amabile complicità che Stefano Duranti Poccetti ha profuso in un miscuglio di coinvolgimenti.
Michele Dodde
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Marco Pasquini (venerdì, 17 febbraio 2023 10:31)
grazie