Turbolenta ed intrigante ora si inserisce la storia della nascita ed espansione del baseball in quel di Cincinnati, capoluogo della contea di Hamilton nello Stato dell’Ohio. Qui nel 1866 nacquero come club amatoriale i “Cincinnati Red Stockings” per divenire poi tre anni dopo una delle prime squadre composte da professionisti. Da allora e sino al 1870 nelle loro competizioni si onorarono di una striscia di ben 130 incontri consecutivi vinti andando poi a perdere quell’anno contro i “Brooklyn Athlantics”. Questa sconfitta e le casse vuote dell’amministratore portarono la squadra a sciogliersi ed il baseball a Cincinnati sopravvisse solo nei giochi dei ragazzi e tra i salotti fumosi dei pub sino al 1876 quando alcuni imprenditori locali, ammaliati dalle prospettive della nascente “National League” assemblarono una nuova squadra ereditando e continuando ad usare lo stesso logo di “Red Stockings”.
Ai puritani dirigenti della Lega però non piacquero le private iniziative dei dirigenti della franchigia di Cincinnati che, pur di attirare un maggior numero di spettatori, violavano apertamente il divieto di vendita di birra ai tifosi durante le gare ed ancor più di far giocare la squadra di domenica e pertanto i “Red Stockings” furono espulsi dalla loro griglia di appartenenza nel 1880. Ancora una volta però da perfetta Araba Fenice nel 1882 i “Cincinnati Red Stockings” ripresero vita per la terza volta divenendo altresì una delle squadre fondatrici dell’American Association, giusta lega rivale della National League, e qui nella sua mitologica Hielopolis incominciò a mietere successi e notorietà come quella di detenere ancora oggi la maggior percentuale di partite vinte tra le squadre della contea.
Come sempre capita tuttavia nei corsi e ricorsi storici, il progressivo indebolimento di interesse suscitato dall’American Association indusse i Red Stockings, dopo otto anni, a rientrare in ambito della National League decurtando però le proprie generalità della dicitura “Stockings”.
Molti gli aneddoti che da allora li interessarono tra cui la conquista del primo titolo delle World Series nel 1919 in cui furono coinvolti loro malgrado nel famigerato scandalo di gare truccate ad opera di allibratori clandestini che di fatto posero i prodomi della chiusura della sempre ricordata con nostalgia epoca d’oro del baseball.
Tra gli otto giocatori coinvolti, tutti della squadra avversaria, i Chicago White Sox che per magia giornalistica subito divennero subito Black Sox, l’incredulità popolare fu animata da molti giovani intorno alla figura amata e mai dimenticata di Joe Jackson meglio conosciuto come Shoeless e le lacrime loro scaturite all’alba della sua radiazione dalla Major League stanno ad indicare la fine di una fiaba. E la fine comunque l’ebbero anche i Reds nel 1931 che dichiararono una mortificante bancarotta causata dalla grande depressione che investì gli Stati Uniti.
Nel 1933 però, uniformandosi al motto della città “Iuncta iuvant” (le cose messe insieme sono efficaci o meglio, l’unione fa la forza) il magnate dell’elettronica Powel Crosley Jr. avendo ricevuto dagli amministratori locali la possibilità di poter realizzare sul posto sue diverse imprese collaterali, comprò le ceneri della franchigia di baseball ed assumendo Larry McPhall come general manager della stessa la riportò in brevissimo tempo ad alti livelli competitivi.
Altresì, data la sua attività, nel 1935 realizzò presso il Crosley Field il primo impianto di illuminazione consentendo così al pubblico per primi di poter assistere a gare in notturna.
Curiosamente però durante quel nebuloso periodo in cui gli Stati Uniti vissero le svariate ombre passate sotto il nome di “maccartismo”, ecco che la tradizionale denominazione di “Reds”, per via che potesse essere considerata una esegesi del “comunismo”, fu cambiata in “”Red Legs” per ritornare al primitivo nome solo nel 1961 e sulle casacche nel 1967.
Ancor più, oltre ad aver fatto esordire sul monte di lancio il 10 giugno del 1944 il quindicenne Joe Nuxhall, divenendo così il più giovane giocatore a calcare i campi della Major League, e ad annoverare molti giocatori che vedranno gli onori della Hall of Fame a meno dello spregiudicato quanto osannato seconda base Pete Edward Rose, detto “Charlie Hustle”, tagliato perennemente per aver scommesso sulle partite di baseball mentre giocava e gestiva gli stessi “Reds”, negli anni sessanta i dirigenti imposero ai giocatori ferree regole su barba, capelli, baffi e vestiario.
Solitamente infatti, cita la cronaca, “le squadre provvedevano a buona parte dell'equipaggiamento necessario a giocare, ma non a guanti e alle scarpe e i giocatori erano soliti utilizzare scarpe provenienti da sponsor mettendo in mostra il marchio. Nei Reds era in vigore una regola che imponeva ai giocatori di indossare solo scarpe completamente nere, senza alcun marchio in vista”. Il look pulito e ricercato doveva rappresentare la squadra come difesa dei valori tradizionali in quel periodo di forti contestazioni.
I Reds, che ora disputano le gare interne al Great American Ball Park inaugurato nel 2003, hanno vinto per cinque volte le World Series, dieci titoli di League (uno nell’American Association e nove nella National League) e dieci titoli di Division.
A St. Louis nel Missouri nel 1875 per dare linfa vitale ad una nascente lega, la National Association, alcuni imprenditori fondarono la franchigia dei “Brown Stockings” entrando così mentalmente nel mondo dei professionisti.
Tuttavia dopo una sola stagione la National Association, priva di una concreta programmazione, fallì ed allora i St. Louis Brown Stocking furono subito prescelti dal giovane Albert Goodwill Spalding, giocatore e vero appassionato del gioco dal forte spirito intraprendente che stava contribuendo nel 1876 alla formazione della National League introducendo opportune regole e modalità che ancora oggi contribuiscono alla moderna concezione del baseball, al fine di completare al meglio il nucleo iniziale della Lega.
Il gioco espresso da questa formazione fu molto seguito ed il suo lanciatore George Bradley riuscì a realizzare quell’anno anche la prima gara “no-hitter” nella storia del baseball. Tuttavia nel seguente anno a causa di uno scandalo inerente a gare combinate a favore di clandestini allibratori, ma la storia di quell’epoca è ricca di queste oscure manipolazioni intorno a qualsiasi tipo di gioco e dunque il baseball non ne poteva essere escluso, i “St. Louis Brown Stockings” furono espulsi dalla Lega cui si aggiunse pure una triste bancarotta come effetto collaterale.
Allora fu la volontà di alcuni appassionati a tenere in vita il logo ed il gioco assemblando una squadra semiprofessionista che era invitata a partecipare in modo itinerante ad eventi e manifestazioni sino al 1881.
Nel 1882 il caso volle che un intraprendente proprietario di un saloon di origini tedesche, Chris Von der Ahe, notasse come molti suoi clienti bevitori di birra si recassero nel suo locale dopo aver visto una gara di baseball e fu sorpreso con quanto interesse ne parlassero.
Lui non conosceva il gioco ma intuendo la possibilità di ampliare i suoi introiti rilevò le ceneri dei Brown Stockings per soli 1.800 dollari, riorganizzò la squadra chiamandola solo “Browns”, l’affidò alle cure di Cherles Comiskey, il futuro proprietario dei Chicago White Sox, e si affiliò all’American Association dove la squadra incominciò a dominare vincendo quattro campionati consecutivi a partire dal 1885.
Con oculato intuito Von der Ahe con il baseball, la vendita di birra ed investimenti collaterali si arricchì considerevolmente tanto da fissare il prezzo del biglietto d’ingresso allo stadio a soli 25 centesimi e dovette altresì ampliare anche le tribune per la continua affluenza di pubblico.
Con il fallimento dell’American Association nel 1892 i Browns furono elegantemente di nuovo accolti nella magia della National League dove però ebbe inizio per loro uno dei più tristi periodi negativi tanto da finire penultimi in ben sedici stagioni agonistiche tra il 1892 ed il 1919.
Nonostante le avversità però nel 1899 i fratelli Robinson, Frank e Stanley, già proprietari degli Spiders di Cleveland, rilevarono la proprietà della squadra da Von der Ahe e vollero investire totalmente nella franchigia di St. Louis trasferendo in questa non solo i migliori giocatori ma anche l’uniforme caratterizzata da una casacca colorata da un deciso rosso cardinalizio e calzini a righe.
Ora i Browns erano diventati i “Perfectos” sino a quando il giornalista sportivo del “St. Louis Republic” Willie McHale nell’includere un po' di colore nel proprio articolo menzionò il sofisticato commento di una tifosa che, indicando ad un’amica la divisa dei giocatori, con femminile estasi aveva affermato "Quale adorabile sfumatura quel rosso da cardinali”. I tifosi apprezzarono con entusiasmo questa osservazione tanto da iniziare a considerare la squadra con il soprannome "Cardinals” tanto che l'anno successivo, data la popolarità ottenuta dal nomignolo, il club lo adottò ufficialmente.
Con il successivo acquisto della franchigia nel 1918 da parte dell’industriale Sam Breadon i Saint Louis Cardinals iniziarono la loro doverosa ascesa divenendo una delle franchigie di maggior successo nella Major League andando a vincere ben 11 World Series, 23 titoli di League, 15 titoli di Division ed annoverare 47 suoi giocatori inseriti nella Hall of Fame.
Michele Dodde
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