BRUNO BENECK
Beneck è uomo da sempre nelle vicende del baseball italiano, fin dalla unificazione delle due federazioni esistenti negli anni quaranta. E’ uomo di sport, è uomo di fantasia. Ma è anche sicuramente un accentratore e un despota. Succedeva così che, durante riunioni che lui indiceva per saggiare le tendenze delle nostre Società e, a mio giudizio, per indirizzarle verso quanto lui voleva, durante gli interventi di chi dissentiva, intervenisse direttamente dal suo microfono a contestare, ribattere, precisare, influenzare insomma nel modo da lui voluto e, nel migliore dei casi, interrompere solo l’esposizione delle idee degli altri. Dovendo rappresentare la mia Società in una di queste assemblee e richiesto da lui di esprimere il mio punto di vista gli risposi che lo avrei fatto solo nel momento in cui lui avesse spento il suo microfono così da non interrompere la mia esposizione che preannunciavo contraria alle sue tesi.
Potete immaginare che personalmente non ebbi mai trattamenti di favore dal Presidente e se, come accadde nel 79, lui ebbe bisogno di me come allenatore dei lanciatori della rappresentativa Nazionale Cadetti, che vincerà il titolo europeo portando nelle casse della Federazione notevoli contributi da parte del Coni, la sua riconoscenza si fermò alla consegna di una minuscola medaglietta commemorativa, niente rimborso per i giorni consumati per l’avventura europea e nessun riconoscimento, come ad esempio il “Diamante d’Oro”, sempre largamente accordato ai benemeriti del nostro sport, che in altre occasioni Beneck assegnò addirittura ad ogni singolo componente le pattuglie che conquistavano titoli continentali di qualsivoglia categoria.
Beneck mi trovava sempre in rotta di collisione:
- con le inevitabili contestazioni all’operato del Cnt guidato dall’ineffabile, e scarso conoscitore della lingua italiana, Ruggero Benito Coppola, oppure a ribattere alle dittatoriali prese di posizioni del Segretario Federale Baroni che pretendeva addirittura che si trasportasse, con il proprio mezzo, il materiale della Federazione necessario all’organizzazione degli incontri delle Squadre Nazionali come avvenne a Torino nel 1961 in occasione dell’incontro Italia Olanda e a Grosseto nel 1964 dove, assieme a Franco Imbastaro, giornalista esimio della Gazzetta dello Sport, provvedemmo al recupero delle basi per un’altro incontro con l’Olanda,
- o alle inaugurazioni prestigiose di nuovi campi da baseball dove ero presente invitato dalle Società - a cui avevo dato evidentemente qualcosa - ma non invitato e mal tollerato dalla Federazione.
A Castellamonte ad esempio, in una suggestiva sala stampa allestita all’interno di un vagone ferroviario adattato alla bisogna, Beneck mi volle presente per un ringraziamento ufficiale che si estrinsecò in un generico plauso – senza indicare i destinatari - a chi aveva ottenuto risultati notevoli in campo internazionale nell’annata sportiva in corso (1979).
E con questo aveva sistemato ogni obbligo materiale e morale.
Ma a questo Presidente - che non amavo - non ho mai negato le capacità di saper concretamente ricercare il bene del nostro sport come quando diede la spinta decisiva per far entrare il baseball alle Olimpiadi.
Ma chi fa e fa molto sbaglia di più.
Così avvenne che un suo clamoroso errore lo portò a perdere la Presidenza.
Franco Ludovisi
Nella foto sotto Bruno Beneck abbraccia Gigi Cameroni (Foto tratta dal profilo Facebook del Milano 1946)
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