
In occasione dell’8 marzo, data evidenziata come “Giornata Internazionale della Donna”, Baseball on the Road è lieto di ricordare la figura di Amelia Jenks Bloomer (Homer, 27 maggio 1818 – Council Bluffs, 30 dicembre 1894) e le cosiddette “Bloomer Girls”. La prima, donna di primo piano oltre che fervente attivista, si cita perchè oltre a rivendicare la parità delle donne e la loro capacità di svolgere professioni allora riservate solo agli uomini, con incisivi articoli sul proprio giornale “The Lily” non solo si impegnò a rivendicare i “Diritti delle Donne” ma anche a favorire un diverso look femminile ben distante dall’allora moda tradizionale, ovvero a favorire che le donne potessero indossare ampi pantaloni sbuffanti coperti in parte da una gonna.
Questa nuova moda, in realtà ideata dall’attivista Elisabeth Smith Miller, prese da lei il nome di “bloomer” poiché tramite i suoi interventi ebbe l’orgoglio di sfidare coraggiosamente il disprezzo della stampa e le molestie per strada per alcuni anni: in gioco, dicevano i misogini, non c’era il pudore (l’abito era troppo modesto), ma l’incongruenza di indossare un capo maschile.
Le seconde perché nel mondo del baseball, quelle che erano considerate eufemisticamente solo le ragazze dell’estate, presero consapevolmente l’iniziativa di cambiare la loro irriverente divisa, che consisteva in gonne lunghe e sottogonne, camicette a maniche lunghe con vezzoso collo alto e scarponcini a stretta caviglia, indossando quella più accattivante moda dei pantaloni.
Da allora l’intero movimento rivoluzionò il loro modo di giocare e subito dalla stampa e dai commentatori sociali le squadre e le giocatrici furono battezzate con il soprannome di “Bloomer Girls”.

In sintesi a partire dal 1890 l’acclamata filosofia sociale dell’Amelia Bloomer e la partecipazione delle squadre “Bloomer Girls” incominciò a scaldare cuori ed iniziative nella socialità statunitense affinchè anche le donne nella loro ascesa potessero avere un più confacente spazio sportivo.
Certo, nella conoscenza collettiva, quando si comincia a parlare di baseball giocato dalle donne, il pensiero vola sulle immagini del film “A League of Their Own”, conosciuto in Italia con il titolo “Ragazze Vincenti”, interpretato da Tom Hanks, Geena Davis e Madonna sotto la regia di Penny Marshall. Questo film apparso sugli schermi nel 1992, snocciola la storia vera dell’inizio della “All American Girls Professional Baseball League” che protrarrà la sua presenza sui diamanti per undici anni sino al 1954.
Ma in realtà il baseball praticato dalle donne in forma agonistica e non di spettacolo, come invece era solito usare il famigerato Sylvester F. Wilson con le sue “English Blondes” e le “American Brunettes”, ebbe inizio nel 1875 con squadre composte da donne determinate e caparbie che, nonostante per le allora leggi vigenti che non concedevano loro il diritto di voto o di possedere proprietà a proprio nome dopo il matrimonio, si posero in forte concorrenza con i maschi giocando con cipiglio e capacità.

Quindi la nuova veste, patrocinata da Amelia Bloomer, non solo dette ulteriore cipiglio alle donne nello sport, ma cambiate le gonne lunghe con i più pratici larghi pantaloni, fece nascere molte altre squadre tra cui le “All Star Ranger Girls”, “Philadelphia Bobbies”, “New York Bloomer Girls”, “Baltimore Black Sox Colored Girls”, “Ladies Baseball Club Denver”, “Boston Bloomer Girls” che dal 1890 al 1934 si misero sempre alla prova sfidando le squadre amatoriali delle loro città per poi affrontare franchigie di semi professionisti ed anche della Minor League vincendo molto spesso le gare.
Indiscutibilmente questa volontà di esserci offrì alle giovani donne che sapevano battere la pallina, che erano sempre pronte in diamante nella fase difensiva ed atleticamente valide nello sviluppo di ricercati giochi sulle basi, ad essere ingaggiate per uno stagionale lavoro “sportivo-agonistico” non disgiunto però da avvincenti viaggi, avventure e divertimento. Basti pensare che le “Ladies” di Denver per i loro trasferimenti erano solite usare una propria carrozza ferroviaria.

La cronaca così opportunamente ci ha tramandato con enfasi alcune giocatrici di rara qualità. Tra esse Edith Houghton, soprannominata “The Kid”, che debuttò nel ruolo di interbase nel roster delle “Philadelphia Bobbies” all’età di dieci anni per divenire poi in seguito per sei anni un eccellente ed ascoltato scout per i Philadelphia Phillies.
Ancora Maud Nelson che iniziò a lanciare all’età di sedici anni per le “Boston Bloomer Girls” per poi dirigere le “Western Bloomer Girls” e le “All Star Ranger Girls”. Infine la sedicenne Virne Beatrice Jackie Mitchell che, dopo ave debuttato con le “Chattanooga Englettes”, fu ingaggiata da una squadra maschile della Minor League, i “Chattanooga Lookouts”, e che è passata alla storia per aver eliminato consecutivamente con i suoi lanci “drop ball”, in una partita dimostrativa con gli Yankees di New York , sia il leggendario Babe Ruth sia il carismatico Lou Gehrig.
Tuttavia, nonostante tali qualità, l’involuta mentalità dell’epoca ampliata di fatto dal pensiero del noto ed influente giornalista Francis Richter che era solito puntualizzare come il baseball, solo come sport maschile, poteva svolgere una importante funzione nella società statunitense al contrario delle donne che invece “non sarebbero state in nessun luogo più fuori posto che su un diamante da baseball”, pose sempre l’attività delle franchigie “Bloomer Girls” in forte negatività richiamando anche problematiche inerenti lo sforzo fisico e come la bellezza e l’atletismo non potessero viaggiare insieme. Ovvero come il pubblico sia stato invogliato a vedere le donne inferiori agli uomini, in special modo quando si trattava di sport, nonostante fosse ben conosciuta una diversa storia vincente.

Purtroppo la Grande Depressione che coinvolse gli Stati Uniti nel 1929 incominciò ad incrinare anche le possibilità economiche delle franchigie femminili tanto che il “Boston Bloomer Girls” fu l’ultima squadra a chiudere l’attività nel 1934 segnando la fine dell’era del professionismo femminile.
In effetti questi eventi delle “Bloomer Girls” sono stati infine egregiamente rispolverati con un esaustivo saggio dalla scrittrice Debra A. Shattuck che, scrivendo il suo “Bloomer Girls: Women Baseball Pioneers”, ha voluto evidenziare i prodromi negativi e gli ostacoli affrontati dalle donne nella loro lunga lotta di emancipazione ed affermazione nello sport e nel baseball in particolare e come esso sia passato alla storia come uno sport da uomini.
La Shattuck a parte affronta anche la questione del Softball ma precisa altresì che esso, concepito nel 1887 come un gioco anch’esso per uomini, è diventato il sostituto del baseball per le donne solo dopo gli anni venti. Opinioni da valutare in questo libro interessante al fine di approfondire alcuni lati esterni della storia del baseball.
Michele Dodde
Buon 8 Marzo a tutte le donne in particolare le nostre ragazze del softball
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Maria Luisa Vighi (sabato, 08 marzo 2025 11:26)
Buon 8 marzo a tutte le donne, sportive o no !
ludovisi franco (sabato, 08 marzo 2025 15:23)
Tutti i giorni devono essere l'8 marzo, ma per i comportamenti di tutti, maschi e femmine nel vivere quotidiano.
Judith Testa (domenica, 09 marzo 2025 23:01)
Sad, that women endured, and continue to endure, such difficulties, when they "just want to play baseball!"
Very interesting and worthwhile article!
Rosa Mariano (lunedì, 10 marzo 2025 09:12)
Ad Amelia, Judith e Maud e a tutte le donne che hanno brillantemente affermato i loro talenti in ambiti ritenuti dalla società non a loro consoni.
Caro Michele, l'8 marzo è anche la festa, da condividere con gli uomini simili a te, che grazie al loro spessore umano e culturale dimostrano da sempre con i fatti, senza porre steccati, la riconoscenza e la stima verso le donne e le loro qualità.
Grazie della tua sensibilità e del meraviglioso articolo!