
Se Dan Brown, il noto autore di best sellers quali Angeli e Demoni e Il Codice Da Vinci, dopo aver ammirato la visione dell’apoteosi di George Washington, dipinta dal michelangiolesco italo-americano Costantino Brumidi, ed individuato da par suo, nel terzo libro in cui appare Robert Langdon, il ricercato “Simbolo Perduto” unitamente alla parola smarrita che è Laus Deo, ovvero Lode a Dio, avesse poi avuto l’ardire di scivolare più in là da Washington Square sino all’incrocio tra la 47th e la 27th strada di Manhattan, avrebbe permesso al suo geniale professore di simbologia di delineare e concretizzare, sicuramente all’ombra di uno strike, anche il senso compiuto della parola ritrovata: e pluribus unum (da molti, uno), oltre agli indizi e le linee di un campo dove si era giocato a baseball già a partire dal 1845.
Questo perché in sintesi, ovvero l’uno, è anche la indiscutibile vitalità unica del gioco del baseball: non un elemento o attrezzo che segna il punto ma l’est unus quisque faber, o meglio il giocatore, in definitiva l’uomo che, pur tra molti, deve riuscire nell’impresa di completare la sua corsa sulle basi e toccare salvo l’immaginifica casa base.

Questo principio, e poi gli altri che vedremo, hanno di fatto dato una specifica caratterizzazione del gioco in realtà esotericamente voluta sia da Alexander Joy Cartwright Jr. (17 aprile 1820 – 12 luglio 1892) sia da tutti i suoi fratelli massoni quando misero per iscritto il canovaccio delle regole di quello che doveva essere per sfumature, significati e simbologia il gioco perfetto.
Che poi il 3 giugno 1953 sia stato proprio il Congresso degli Stati Uniti, a ben 61 anni dalla sua morte e dopo aver preso in esame diversi documenti tra cui fondamentale è stato il libro “Bat, Ball, and Bishop” di Robert W. Henderson, a sancire Alex quale unico inventore del moderno gioco del baseball e che il Club Filatelico Italiano di Tematica Massonica abbia realizzato una busta prima emissione in data 31 luglio 1973 in occasione della 1^ Coppa Intercontinentale ed infine che a Cooperstown nella mitica Hall of Fame siano annoverati 44 massoni la dice lunga sulla scia delle identità perdute.
Ad Alex infine viene poi attribuito anche il merito di aver tracciato il campo di gioco e stabilito che le basi fossero distanti 90 piedi, poi 9 inning come durata della partita e 9 i giocatori a scendere in campo.
E’ vero: si dice che a dare credito ad una storia inglese pubblicata nel 1987 siano stati i britannici ad evocare a loro la nascita del baseball a partire dai primi del 1700. Infatti, il baseball, anche se può sembrare strano, ricorda testualmente la storia, era giocato in quel periodo con il nome di baseball (questo appellativo è apparso per la prima volta nel 1744 sul libro inglese “A Little Pretty Pocket-Book”), o rounders, o feeder, o stoolball, o goal–ball e che dalla natia Inghilterra trasmigrò nelle colonie con i primi pionieri. Anzi, prosegue la citazione, durante la prima parte del 19° secolo il gioco si praticò secondo le regole londinesi del feeder sino al 1845 quando tale Alexander Cartwright ... “sintetizzò le stesse secondo l'interpretazione americana del gioco (nda) codificando di fatto quel tipo di regole. Solo per tale motivo in seguito gli fu conferito l'appellativo di Padre del Baseball”.

Questo è sicuramente un eccesso di protagonismo tutto inglese e forse la verità è un pò più sfumata poiché è ancora più credibile il fatto che un similare gioco non solo in Inghilterra si praticava ma nel 15° e 16° secolo anche in Russia (Lapta), Polonia (Pilka Palantow), Germania (Schlagball) e in Italia (Lippa in Piemonte, Nizza nel Lazio, Mazza e Pizzarieddhu nel Salento) ed anzi anche molto prima secondo la fantasia interpretativa degli archeologi sui siti etruschi, egizi e romani.
Ebbene questo intimo ma vistoso bagaglio culturale etnico, che è stato portato dai tanti giovani figli di immigrati, probabilmente è stato l’unico fraterno collante che li poteva unire nella fantasia degli spazi ancor prima della lingua e dei nuovi costumi.
Quando nel 1839 Abner Doubleday (quanta ironia fu vergata dalla rivista MAD su questo cognome!) vide giocare nelle periferie o nelle strade questi ragazzi, che nelle diverse città propendevano per una o l’altra versione, ma comunque sempre alla ricerca di un approccio emotivo e semplicistico, cercò a più riprese una sintesi comune tra le varie componenti di questi giochi e tanta fu la sua dedizione da indurre poi nel 1905 la Mills Commission a considerarlo l’inventore del baseball.
Ma in effetti, come ben delinea Robert W. Henderson nel suo libro “Bat, Ball, and Bishop”, a dare carisma, anima e spiritualità al gioco fu invece il filantropo Alexander Cartwright che, volontario tra i Vigili del Fuoco, dopo aver fondato il Club dei Knickerbocker per meglio socializzare il gruppo dei firemen e tenerli in esercizio, unitamente ai fratelli massoni componenti della sua squadra, scrisse il primo canovaccio delle regole del baseball nella piena convinzione di perfezionare i temi di un gioco sano e costruttivo, pur con un nascosto linguaggio, ma sempre fortemente proteso a perfezionare uomini che divenissero liberi di mente e di buoni costumi.
E, non dimentico che esso aveva radici europee di facile intuizione, anche con l’esoterismo del vecchio mondo ne plasmò gli aspetti e la vitalità a partire da Platone quando nel suo Timeo parla del Demiurgo che costruisce il mondo secondo uno schema di figure, numeri e proporzioni affermando il concetto di forma, cifra e dimensione.

E così delineò il campo di gioco secondo la purezza del diamante e le fasi degli inning coinvolgendo la perfezione del numero 3 e la proprietà simbolica del numero 9 dando infine anche linfa e vitalità a quel numero perfetto che è il 7, unità rappresentata dalla somma del divino 3 al terraneo 4, ovvero cielo e terra.
Infine, rubando ai pitagorici i loro principi dei numeri come inizio di razionalità, qualificò le posizioni della squadra in difesa con numeri carichi di caratteri sacrali e magico-simbolici.
Ed in effetti, dall’astrologia alla kabbalah, abbiamo secondo i principi della numerologia, il Lanciatore (1) che è accomunato al Sole ma si manifesta come Volontà e Origine, Guida e Fondamento di tutto, il Ricevitore (2) che si identifica alla Luna che è relazione ed equilibrio in cui prevale la Scienza, il Prima Base (3) che è coinvolgente con la Terra ma si perfeziona con l’Azione e l’Intelligenza, il Seconda Base (4) che delinea le qualità di Giove che fa prevalere la Realizzazione con la Perfezione, il Terza Base (5) che movimenta la sensibilità di Mercurio codificando perentoriamente l’Ispirazione, l’Equilibrio, l’Ordine e la Ragione, l’Interbase (6) che manifesta la purezza del gesto della Vergine ma soprattutto si qualifica affinché la sua prova sia di Sopravvivenza unita all’Armonia ed alla Bellezza, l’Esterno Sinistro (7) che attua la vitalità del Sagittario perché la sua sia una riuscita Vittoria, l’Esterno Centro (8) che va a dare continuità e credibilità alla Bilancia con il virtuosismo dell’Equilibrio ed infine l’Esterno Destro (9) che deifica la sua problematica con Nettuno magnificando la filosofia della Prudenza.
Poi in attacco l’unus viene sorretto sempre dai numeri 3 e 9 con una crescente soluzione di continuità rotta dal mortifero numero 4 che non appaga...se non la perfezione del gioco stesso.
Andare ora ad assistere ad una partita di baseball con questa nuova visione di particolari configurazioni inerenti i ruoli dei singoli giocatori posizionati sul diamante potrebbe avviare nuovi spunti di particolare interesse, ma tutto questo Dan Brown lo avrebbe ulteriormente scoperto ed evidenziato se solo fosse scivolato sino all’angolo tra la 47th e la 27th strada di Manhattan e poi... senza proseguire oltre.
Michele Dodde
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Rosa Mariano (giovedì, 20 marzo 2025 09:01)
Nemmeno noi, tuoi lettori, proprio come Dan Brown siamo "scivolati" (bellissimo termine!) in quella strada di Manhattan. Ma leggendo con attenzione, piacere e curiosità i tuoi graditi articoli sul baseball, personalmente ho colto, la bellezza di un gioco che va oltre, con sue dinamiche che portano il giocatore a compiere un'attività agonistica non fine a sé stessa, ma formativa per ognuno dei partecipanti.
Caro Michele, ti scrissi tempo fa come il baseball attraverso i tuoi articoli mi apparisse uno sport che rappresentava perfettamente le dinamiche umane.
Ora aggiungi delle informazioni preziose per comprendere.
Talvolta, senza comprendere, percepiamo intuitivamente ciò che non ci è dato conoscere.
E questo grazie a te, caro Michele.
Penny (giovedì, 20 marzo 2025 09:52)
Non capisco il baseball ma ti leggo con piacere ed approfondisco la conoscenza del gioco
F. ZITO (giovedì, 20 marzo 2025 11:19)
...Bravo!
Finalmente la vera storia del ⚾ baseball. � �
Judith Testa (giovedì, 20 marzo 2025 18:33)
Finally-- a theology worthy of the sacred game of baseball!